ANCHE GLI INDIFFERENTI FANNO LA DIFFERENZA
Il termine “Politica”, è una espressione percepita da molti come qualcosa di sporco, da evitare.
Per diverse ragazze e ragazzi la politica è ormai diventata un optional, non viviamo più in un contesto sociale in cui le persone a prescindere dall’età anagrafica hanno una coscienza politica.
La riflessione da fare a riguardo risulta essere ampia, molti preferiscono lavorare esclusivamente sul sociale, magari elaborando progetti ed eventi con le associazioni culturali, e questo fa onore. Ma chiediamoci fondamentalmente perché, gran parte delle persone, a prescindere dall’estrazione sociale in cui vivono, evitano di fare politica.
Davvero possiamo dire che la politica in genere si è trasformata in questi anni in qualcosa di orrido?
La politica fin dai tempi più remoti è stata sempre oggetto di persone che non hanno voluto e non vogliono tutt’ora privilegiare il bene comune, però questo non vuol dire affatto che la politica non ha mai cambiato il corso della storia dell’umanità anche in bene.
Il problema più grande che stiamo vivendo è che il disinteresse diffuso per la politica sta portando all’indifferenza generale, questa indifferenza sta diventando un cancro nella società moderna la quale non detiene più un’ idea di mondo, perché in fondo praticare la politica è soprattutto questo: avere un’idea.
Pensare che diverse persone non possiedono un’idea di come dirigere il proprio futuro rattrista davvero.
Naturalmente i politici non ne parlano. In fondo cos’è meglio per un politico non interessato al bene comune: una grande partecipazione e quindi il controllo dei cittadini sulla classe dirigente oppure il disinteresse collettivo delegando e lasciando tutto al caso?
Nelle ultime elezioni tenutesi il 25 settembre ha vinto l’astensionismo. Questo fatto mi ricorda molto l’opera di Antonio Gramsci intitolata “Odio gli indifferenti” nella quale scrisse:
“Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente”.
Abbiamo detto che la mancanza di partecipazione alla politica crea indifferenza dando così una visione distorta di quello che è realmente il compito della politica stessa. Oltre a questo la democrazia, il perno centrale della nostra Repubblica perde di valore, perché il significato stesso di democrazia è proprio “Potere al popolo”.
Il potere al popolo lo si esercita con la partecipazione. Molte volte ho citato l’art.3 comm.2 della nostra costituzione, in esso i padri costituenti hanno racchiuso il vero valore di partecipazione alla vita politica.
Un fattore interessante del suddetto articolo della costituzione, è che i padri costituenti hanno evidenziato di fatto che la partecipazione alla vita politica non è delegata solo ad una specifica classe sociale come ad esempio dottori, avvocati, professori, economisti, laureati, diplomati etc., ma l’articolo in questione fa capire espressamente che l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori risulta essere importante per il buon andamento della nostra Repubblica e della nostra Democrazia.
La responsabilità di ciò che accade in una democrazia, è anche dettata dalle scelte dei cittadini, insieme alla scelta di non scegliere.
Quindi non basta solo la partecipazione agli eventi sociali, i quali risultano essere espressamente importanti per sensibilizzare una comunità, ma serve anche la partecipazione attiva alla politica, perché sono pure i cittadini a dare una dignità e un senso al proprio paese.
A questo riguardo mi ritornano in mente le parole di Teresa Mattei (Ex Membro dell’Assemblea Costituente della Repubblica italiana) la quale disse:
“Oggi si sente spesso la frase “scendere in politica”… Io, sinceramente, provo ogni volta che l’ascolto una sensazione di fastidio, come di cosa impropria e ambigua. Nell’ormai lontano 1946, dopo le vicende del fascismo, della guerra, della Resistenza, dopo il primo faticoso ed entusiasmante lavoro di organizzazione politica per una società finalmente democratica, nessuno di noi avrebbe usato tale espressione. Si poteva semmai parlare di organizzarsi e salire in politica. La politica era per tutti noi non un’ arena specializzata e riservata ad alcuni, ma lo strumento fondamentale per evitare di ricadere in vecchi costumi e abitudini che avevano portato i cittadini a essere esclusi dalla gestione reale della cosa pubblica.”
I motivi per partecipare alla vita politica ed essere attivi in tal senso risultano essere vari oltre al fondamento principale che è quello di dare un senso generale alle nostre vite, perché non basta solo il voto che è il pilastro, ma bisogna fare qualcosa di concreto giorno dopo giorno se vogliamo davvero che qualcosa cambi nel nostro paese iniziando con la costruzione di una coscienza politica.
Concludo questo articolo con una frase che dedicò il Presidente della Repubblica Sandro Pertini ai giovani:
“Battetevi sempre per la libertà, per la pace, per la giustizia sociale. La libertà senza la giustizia sociale non è che una conquista fragile, che si risolve per molti nella libertà di morire di fame”.
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